In realtà non ero arrivato in questa piccola valle che passa sotto Vetralla con l’idea di entrare in una tana di istrice,… Non avevo neanche mai veramente considerato esplorare questa valle per motivi paesaggistici – lo sprawl era discreto e il fiumiciattolo che sbocca all’uscita del paese e sotto la Aurelia Bis puzzava quanto quello di Viterbo, l’Urcione – questa strana abitudine di sotterrare i fiumi e trasformarli in fogne…

Comunque, arrivando sulla scarpata tufacea, la valle che all’inizio non sembrava esattamente idillica si rivela presentare un punto di vista unico su Vetralla – sorta di paese delle meraviglie che sorge da questa tipica valle dei paesaggi del tufo. Nonostante lo sprawl discreto, era bello. Dopo qualche minuti persi a trovare l’impostazione migliore per la foto, e a togliere di mezzo il capannone di lamiera, mi avvio verso la cavità rupestre dove era sparito Tullio. Quando sono arrivato nella grotta (tomba-stalla-casa-rupestre), Tullio (l’ideatore di questa uscita) era indaffarato a documentare e fotografare la cavità rupestre. Un ampia tomba riadattata e trasformata in stalla. Alla metà sala, il tetto spiovente era spaccato in due da una sorta di crepe che lo attraversava da lato a lato. Sembrava una di quelle fessure che si formano degli ambienti ipogei. Tullio mi dice subito: devi entrare, io non c’è la faccio! Mi ravvicino dell’antro oscura che mi era destinato e dove non si distingue niente. Imposto la macchina a 25000 ISO per tentare di vedere nel buio, ma non aiuta molto – il fondo della strettoia non si distingue

Forse ci riesco ma è meglio se vai tu, per me è stretto – continua. In effetti Tullio era alto e largo… Ovviamente parlava di entrare nella galleria – andare in fondo.

L’accesso era scomodo perché era stretto e sospeso a un metro e sessanta da terra. La galleria sembrava bloccata più avanti, ma Tullio mi mette nelle mani la sua piccola frontale a led e si mette a 4 zampe. “Vai, metti il piede sulla mia schiena per salire”. Un offerta così non si rifiuta penso, mentre sfrutto il marciapiede umano per facilitare l’entrata nella strettoia. Lui sembrava convinto che questo passaggio andrebbe a finire da qualche parte… Avevo un dubbio, ma eccoci, infilato nel cunicolo abitato, strusciando contro le pareti di tufo quasi a 4 zampe, e con una fine incerta. L’aria sembra stagnante e a misura che mi ravvicino vado avanti e che striscio sempre di più, la polvere leggera tipica delle tombe Etrusche mi viene in faccia.

 

 

La presenza di una lunga spina e di una sorta di lettiera con resti di ossa mi presagiva che andrei a finire naso a naso con un rodente infuriato – terrorizzato in realtà. Tullio dice ‘vai avanti devi vedere dove esce! – Certo! Penso. A questo punto il cunicolo faceva una serie di curve e si popolava di cose appese al tetto e sulle pareti – ‘I ragni sono simpatici comunque… ma Hystrix cristata? Mi rigiro con difficoltà per vedere dove ero arrivato prima di avventurarmi nella serie di curve dove la galleria semi interrata si allargava un po’. Si vedeva una macchia di luce verticale laddove la il cunicolo sboccava sulla tomba da dove ero venuto.

 

Mi avventuro nelle curve, per un paio di metri, ma niente istrice: là in fondo, la luce del giorno appare come un punto luminoso – una piccola apertura del cunicolo quasi interrato sul mondo esterno… La tana dell’istrice.