Così disse il mio amico tedesco, grande amante della Tuscia, del suo paesaggio, dei piccoli borghi rurali, del cibo dai sapori di una volta, del suo clima:

“Ancora una volta, gli Etruschi soccombono!”

Aveva ancora l’accento marcato nonostante frequentasse l’Italia da più di 20 anni. Ne era un grande intenditore. Dei capelli neri che aveva quando ha conosciuto il bel paese rimanevano tracce colorate nei folti sopraccigli grigi che delineavano il suo volto paffuto. Guardava in lontananza il paesaggio intorno ai Monti della Tolfa coperto a quest’ora di un velo di foschia. Quaranta chilometri di paesaggio rurale inalterato dalla giungla di manufatti moderni che caratterizzano ormai gran parte della Penisola nonché dell’Europa occidentale. Una scena meravigliosa nel mezzo della quale a breve potrebbe passare la superstrada ss675 se non viene fermato il progetto del tracciato detto “verde”. Rimase silenzioso per lunghi secondi, sospirò e riprese:

“Dopo più di duemila anni, ancora una volta le bellezze e le peculiarità uniche dell’Etruria sono destinate a soccombere sotto i colpi di un modello politico importato dalla capitale. Dove gli interessi di pochi palazzinari hanno compiuto lo scempio delle periferie delle campagne limitrofe di Roma rendendola un caotico coacervo di asfalto e cemento con briciole di identità territoriale e storica. Ancora una volta è arrivato il momento per la valente Etruria di rinunciare alla sua identità territoriale a favore dello scempio del suo territorio con la speranza di strappare agli antichi antagonisti romani una parte dei loro turisti. I molti pagheranno a caro prezzo i guadagni di pochi! Gli amministratori locali invece di pianificare e studiare un modello economico nuovo che consenta il rispetto dell’identità rurale ed artigianale del territorio svendono a speculatori locali e non il loro territorio. La grande potenzialità della Tuscia risiede in un modello economico del rispetto e conservazione del territorio e delle tradizioni rurali che può dar vita ad un turismo di nicchia raffinato e sensibile alla ricerca di sapori e paesaggi ormai scomparsi nel resto d’Italia e poco frequenti nel resto di Europa. Gli amministratori decidono invece di uniformarsi agli scempi compiuti nel resto d’Italia e del mondo, si globalizzano e impongono la globalizzazione rinunciando alle loro identità storiche e culturali con il miraggio di soldi cui i singoli cittadini non vedranno mai i possibili benefici,ma ne subiranno inevitabilmente tutte le deleterie conseguenze.”