Si sa che il consumo di suolo è il principale fattore di perdita di biodiversità e che la transizione alle rinnovabili è attualmente il principale fattore di consumo di suolo. Uno si chiede perché le associazioni di protezione dell’ambiente non si mobilitano per costringere il governo a presentare un progetto serio di sviluppo delle energie “rinnovabili” che non rappresenta più un danno per l’ambiente che un beneficio. Perché non spingono il governo a proporre soluzioni dettagliate per una vera economia sostenibile che riduce veramente l’inquinamento e la produzione di CO2 nonché il consumo di energia e di materie prime? Una politica integrata di aumento responsabile di produzione da fonti (veramente – non come i biocarburanti che creano più danno che bene) “rinnovabili”, di riduzione dei consumi (ad es. divieto di aria condizionata se non indispensabile, agevolazione dei trasporti pubblici, norme sulla longevità dei prodotti e la loro con obbligo di riparazione), di riduzione degli inquinamenti (pesticidi, spostamenti ricreativi, trasporto pubblico, zero plastica monouso entro 10 anni…), di politiche di contenimento di taglio del bosco e di riforestazione,… Anche interessante il seguente articolo della FAO sul suolo come risorsa non rinnovabile. Che senso ha produrre energia da fonti rinnovabili su terre non rinnovabili?

http://www.fao.org/resources/infographics/infographics-details/en/c/278954/?fbclid=IwAR14apF8qnp44lXsn5_HcpWcWzOeyv82qKTfl-koN7qk2F2_fNLCFEPZr18